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Lo Psicologo…. perché?!
“Vuoi andare dallo Psicologo?! Ma perché?!” Quanti di voi si sono sentiti bloccati sentendo una frase del genere da parte di un proprio amico o familiare proprio nel momento in cui invece avevano bisogno di quella “spinta” in più per prendere il coraggio a due mani e contattare uno specialista in un momento di difficoltà?
Molti miei pazienti mi raccontano esperienze simili, esperienze legate a persone vicine che sembrano non comprendere che lo psicologo non è “il medico dei deboli” ma, al contrario, è “il medico dei coraggiosi”, di coloro che non hanno paura di guardarsi nel profondo, di cercare delle risposte lavorando sui propri limiti e sulla propria sensibilità, mostrandosi e ammettendo con loro stessi e con gli altri che c’è qualcosa da cambiare e che la responsabilità del proprio benessere è sua e di nessun altro. La forza che ognuno di noi ha è legata alla capacità di affrontare le proprie debolezze e di trasformarle in armi vincenti, accettando di avere dei limiti e lavorando per migliorarli.
Chi si approccia anche solo semplicemente alla ricerca di uno psicologo è perchè, con molta probabilità, sta attraversando un particolare momento di vita in cui ha capito che è necessario cambiare qualcosa. Nel migliore dei casi si sente solo l’esigenza di migliorare alcune caratteristiche personologiche, nel peggiore si stanno vivendo momenti di vita che ci impediscono di essere felici come si desidererebbe.
Spesso si ha paura di farsi aiutare, paura di non trovare qualcuno che ci possa dare una mano, paura di fidarci e di affidarci. Ognuno di noi ha però una responsabilità enorme verso se stesso: il proprio benessere e la propria felicità dipendono da noi e aspettare che gli altri facciano qualcosa per farci stare meglio o che accada qualcosa di straordinario che ci cambi la vita non è una decisione saggia. Non c’è niente che possa migliorare se la spinta non arriva da dentro: se c’è una cosa essenziale che ho compreso durante tutti i miei anni di lavoro avendo a che fare con centinaia di pazienti è che senza che la motivazione al cambiamento arrivi dal profondo non si va molto lontano.
Se lo stato di sofferenza è grande e non si cerca di costruire una buona base per vivere serenamente la propria vita allora sì che ci si deve spaventare. Come può cambiare la nostra vita da qua a 6 mesi, ad un anno o a 10 anni se non si riesce a risolvere il problema che ci affligge? Quanto ci costa star male ogni giorno? Quanto costa ai nostri cari? Che impatto ha sulle relazioni? E sul nostro lavoro?
Cercare di cambiare è una sfida, è riprendersi il controllo sulle cose che ci controllano.
Intraprendere un percorso che porti al cambiamento è difficile ma porta con sé grandi soddisfazioni.
Spesso mi sento domandare: “Dottoressa, ma secondo lei posso riuscire a cambiare? Posso “guarire”?” La mia risposta è sempre la stessa: “Quando smetterò di crederlo smetterò anche di fare questo lavoro”. D’altronde, ci insegnano da sempre che tutto si modifica in continuazione, anche se non sempre ce ne accorgiamo: non c’è nulla in natura che non muti. Perché quindi pensare che noi siamo diversi?
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